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          Grizzly Imploded 
             
            
             
            * Steel From Your Brow 
            African Paper Review [ link 
            ] 
            Die italienischen Musikszenen unterhalb der Wahrnehmungsgrenze langweiler 
            Strebermagazine sind wie vieles in diesem Land einer starken Trennung 
            zwischen den nördlichen und den südlichen Regionen unterworfen. 
            Während zwischen Mailand und Bologna, zwischen Turin und Venedig 
            eine solide Infrastruktur an Vertriebs- und Auftrittsmöglichkeiten 
            plus gute internationale Vernetzung Standard ist, pflegt die südliche 
            Hälfte nicht selten eine charmante Selbstorganisation, die oft 
            ebenso hobbyistisch wie regional orientiert ist. Genau genommen trifft 
            dies sogar schon auf Rom zu, wobei die Größe und Faszination 
            der Stadt natürlich einiges kompensieren. Dankenswerterweise 
            gibt es einige rührige Personen, die aus ldealismus ein paar 
            Perlen fischen und in unseren Breiten etwas bekannter machen. Einer 
            dieser Idealisten betreibt das von Berlin aus operierende Metzger 
            Therapie-Label. 
            Metzger Therapie scheint (ganz passend zum Namen) ein Faible für 
            nach Tieren benannten Bands zu haben, denn nach Bogong in Action steht 
            nun die neue LP von Grizzly Imploded in den Regalen. Hinter dem Namen 
            versteckt dich das in Neapel nicht unbekannte Trio Francesco Gregoretti 
            (Drums), Maurizio Argenziano (Gitarre) und Sergio Albano, der außer 
            der zweiten Gitarre auch für alle stimmlichen Äußerungen 
            zuständig ist. 
            Es ist nicht leicht, Musik mit Noiseelementen zu machen, die zugleich 
            etwas Introvertiertes hat und ihre ganze Ausdrucksstärke über 
            dezente Andeutungen kanalisiert. Was in den meisten Fällen bemüht 
            wirkt, klingt bei Grizzly Imploded allerdings durchweg überzeugend. 
            Von der Grundausrichtung her bewegt sich die Musik des Trios in dem 
            Grenzland, wo sich freie (jazzig angehauchte) Improvisationsmusik 
            mit leicht krautigem Noiserock überlappt, und eines der Markenzeichen 
            der Band ist die unberechenbare, immer leicht zerfledderte Rhythmussektion, 
            die das Tempo meist sehr spontan reguliert, doch auch in den Passagen, 
            in denen sich das Tempo eher kontinuierlich steigert, etwas Wildes, 
            Entgrenztes beihehält, das mehr ist als bloßes Scheppern 
            mit Methode. 
            Dass die Musik trotz allem herrlich unanstrengend ist, dankt sich 
            nicht nur dem rauen, aber warmen Sound und der (trotz Verzicht auf 
            eine Bassgitarre) eher tief-urigen Ausrichtung, sondern ebenso dem 
            Fehlen von plakativen Effekten. Die funky Motive auf der Gitarre sind 
            eher kurz angebunden und auf subkutane Wirkung hin ausgerichtet, ebenso 
            die abrupten Brüche von beinahe so etwas wie Stille zu noisigen 
            Eruptionen, die von jazzigen Hihats aufgefangen und abgefedert werden. 
            Anspiletipps: „Full of Flames”, dass als einziges Vokalstück 
            mit seinem Grummeln und dem asiatisch anmutenden Fingerpicking aus 
            der Reihe fällt, sowie „Livid Shadows”, das die schrillsten 
            und zugleich kernigsten Momente bereithält. (U.S.) 
             
            Blow Up  Review [ BU#220 
            ]  
             
            Sodapop Review [ link 
            ] 
            Arriva a materializzarsi su vinile il suono dei Grizzly Imploded a 
            due anni dalla cassetta su Sincope di cui vi parlammo a suo tempo 
            e dal CD-R Autonomia che invece ci siamo persi ma che sarà 
            il caso di recuperare. Per ora però c’è questo 
            Steel From Your Brow che conferma quanto già sapevamo e innesta 
            qualche elemento nuovo e inatteso. In un genere dove non sempre è 
            facile distinguere fra le proposte valide e i semplici fomentatori 
            di gazzarra un brano come Shells Speak Aloud sgombera subito il campo: 
            è musica improvvisata di quella che non si improvvisa ma nasce 
            dalla pratica e dalla volontà di mettersi in gioco di continuo; 
            a un inizio incerto e disturbato segue un crescendo che si trasforma 
            in un’equilibrata tenzone dove si perdono i comuni rapporti 
            fra le forze in gioco (ricordiamolo, due chitarre e una batteria), 
            tutti fanno ritmo e tutti fanno… melodia. Se dovessi identificare 
            un elemento che rende riconoscibile il suono dei partenopei indicherei 
            proprio questa salutare assenza di gerarchie fra gli strumenti. La 
            sorpresa è che nei due pezzi successivi i fattori in gioco 
            sono quattro: arriva la voce, che a memoria non credo sia mai stata 
            della partita. Nella sorniona e sottilmente spigolosa Flowed Out Of 
            The Cyclones Waking To Lightning Jolts fa i vocalizzi di Gaelle Cavalieri 
            fanno appena capolino, ma in Full Of Flames sono l’elemento 
            caratterizzante (opera stavolta del chitarrista Sergio Albano): il 
            brano è forse il meno rock del disco, prossimo alla concrete 
            music, con la voce da bluesman sbronzo che ogni tanto emerge dal rumore 
            (per darvi una vaga idea, pensate ai Madrigali Magri che icontrano 
            gli Starfuckers). Poi il pezzo si fa più teso, diventa quasi 
            uno scontro al rallentatore e anche la voce sale di tono, trasformandosi 
            in un lamento che svetta in un finale disastroso ed epico. Visto il 
            risultato particolarissimo – il cantato viene ad essere un anomalo 
            elemento d’ordine – è una strada che meriterebbe 
            di essere battuta. Sì è così arrivata alla fine 
            del lato; sull’altro troviamo una Surrounded By Dark Poplars 
            che prima avanza a fatica e poi sferraglia che è un piacere 
            e una Livid Shadows That Blind The Pawns rilassata e minimale dove 
            grande spazio ha la batteria mentre le chitarre sono impegnate nel 
            produrre microsuoni e sfregamenti, finchè i battiti che occupano 
            sempre più lo spazio e le corde insistenti che stridono e dronano 
            rendono più tesa l’atmosfera e conducono il disco alla 
            fine. Nello strano universo parallelo dove i Grizzly Imploded sono 
            un normale gruppo rock questa sarebbe la loro ballata sbancaclassifica, 
            ma in questa dimensione, ho già avuto occasione di dirlo ma 
            mi ripeto volentieri, il trio partenopeo suona probabilmente l’unico 
            rock’n’roll possibile oggi, di sicuro l’unico che 
            abbia senso. (Emiliano Zanotti)  
             
            The New Noise  Review [ link 
            ] 
            La band 
            napoletana è tra i soggetti più ostici, nonché 
            affascinanti, da affrontare, lo sapete già. La musica di Gregoretti 
            & co. si nutre d’immaginari campi d’azione ristretti 
            e oppressivi (quel furioso rimestare tra le ritmiche ti mette all’angolo), 
            senza dimenticarsi di affrontarli da un’ottica fieramente free. 
            Il loro discorso continua a triturare con sadismo gli stili, come 
            una macchina schiacciasassi alla quale siano stati volutamente tolti 
            i freni. Steel From Your Brow questa volta esce per un’etichetta 
            di base a Berlino, ma di un loro sodale, Giuseppe Capriglione (noiser 
            pure lui), che come tanti altri sta provando a fare qualcosa di meno 
            legato ai luoghi di origine (nella breve vita della sua Metzger Therapie 
            ci sono uscite per Bogong In Action, Fecalove, Venta Protesix e Naturalismo, 
            mutuo dalla pagina Discogs). Il contenuto è il solito per i 
            tre, ma è opportuno citare la cura per i particolari sonori, 
            che ha a dir poco del maniacale (del cervellotico pure) o la strana 
            e salvifica prova di “Full Of Flames”, dove spicca la 
            voce aggressiva del chitarrista Sergio Albano, che riesce comunque 
            a dare un po’ di respiro al disco. C’è un’altra 
            ospite, inoltre: la francese Gaelle Cavalieri in “Flowed Out 
            Of The Cyclones Waking To Lightning Jolts” accompagna le loro 
            paturnie da par suo, ma è solo un lieve sussurrare funesto. 
            Sul secondo lato la mattanza continua senza sosta, a conferma del 
            loro continuo pestare, che in giro, lo ripeto, ha davvero pochi eguali. 
            Cos’altro aggiungere? Poco: qui i musicisti fanno sul serio 
            e il disco è più che valido. C’è da scommettere 
            che se venivano da parti più “esotiche” delle nostre, 
            in molti ne avrebbero subito fatto un piccolo culto, comprandosi qualunque 
            uscita. (Maurizio Inchingoli)  
             
            Sentireascoltare  Review [ link 
            ] 
            Ha molto a che fare con la no-wave, con i contorsionismi ritmici e 
            le degradazioni chitarristiche – per non dire, ovviamente, di 
            una dimensione avant-noise, di ricerca sul suono e sulla sua contrazione 
            – l’esperienza Grizzly Imploded, nome che chi traffica 
            con l’underground più avventuroso non può non 
            conoscere. 
            Francesco Gregoretti, Maurizio Argenziano e Sergio Albano – 
            qui supportati dalla presenza in una traccia della francese Gaelle 
            Cavalieri (voce in Flowed Out Of The Cyclones Waking To Lightning 
            Jolts) e dall’impegno della label italo(di nascita)-berlinese(di 
            residenza) Metzger Therapie e del suo mentore Giuseppe Capriglione 
            – mettono in scena un cataclisma sonoro che riprende molte traiettorie 
            del sottobosco noise & avant mondiale, Sightings su tutti, per 
            lo meno per la consonanza strumentale standard e per la foga “rock”, 
            ma ne offrono pure una versione decaduta, dispersa, polverizzata e 
            implosa, tanto per rimanere al suggerimento insito nella sigla scelta. 
            Non perdendo mai quel nervosismo di base – tutto nervo e spasmo 
            lo definivamo all’altezza del nastro Threatening 
            Fragments From Four Boulders per Sincope e non vediamo perché 
            cambiare idea ora – Steel From Your Brow va di catalessi noise 
            (Surrounded By Dark Poplars) mantenendo sempre viva sotto 
            le ceneri quella urgenza distruttiva che, per chi scrive, ha sempre 
            contrassegnato le musiche del trio partenopeo; oppure accende l’afasia 
            ritmica (l’iniziale Shells Speaks Aloud) che contorce 
            il “rock” su se stesso, aggrovigliandone le fondamenta, 
            o ancora dando forme (ehm) compiute ai deliqui (anche vocali e opera 
            di Sergio Albano) più stravolti e sfibranti come in Full 
            Of Flames. 
            Pesante e minaccioso come un grizzly, imploso come una catarsi al 
            rovescio, Steel From The Brow è un ottimo termometro per comprendere 
            lo stato dell’underground italico più estremo. 7/10 (Stefano 
            Pifferi)  
             
            * Threatening Fragments 
            From Four Boulders 
            Cerberus | Tiny Mix Tapes Review [ link 
            ] 
            Twenty minutes to escape. That’s all I need; well that and some 
            wire cutters, peanut butter, a deadbolt, some cyanide and a gas tank 
            lid from a 1987 Jeep. This inexplicable possum stew will boil and 
            seethe, until such a time that it helps create a barrier by which 
            to deflect the debris from the Grizzly Imploded. And these Threatening 
            Fragments from Four Boulders are coming in hot. It’s a fierce 
            breakdown of post-apocalyptic jazz. Jagged pieces flung as far and 
            wide as the implosion can carry them. Though it’s an inward 
            force, the shock wave is somehow outward. And unless I can blast myself 
            out of this containment bin before the 20 minutes of oxygen runs out 
            on this cassette’s playtime, I’m surely doomed. But doom 
            is not death, rather a chance not to do this again. This is a fun 
            game, and every time there is some new deadly object flying at me 
            that I didn’t notice the last time I averted harm and cheated 
            death. For Grizzly Imploded is my Murdoc and I will not go down so 
            long as they don’t. (Justin Spicer) 
             
			Rumore Review [ #275 
            ]  
			 
			Solar Ipse Review [ #7 
            ]  
             
            Sodapop Review [ link 
            ] 
            Non è facile star al passo con le uscite dei Grizzly 
            Imploded e delle loro varie filiazioni, specie per chi, come 
            il sottoscritto, è un cronico ritardatario. È però 
            doveroso, almeno ogni tanto, dare testimonianza delle produzioni discografiche 
            del terzetto napoletano, finora sempre meritevoli e degne di nota. 
            Se volessi liquidare in due parole questo nastro me la caverei con 
            un laconico “disastro sonoro”, locuzione che racchiude 
            spirito e forma di Threatening Fragments From Four Boulders; quello 
            che però intriga è che in questo caso l’accento 
            è da porre sul secondo termine, a evidenziare come il processo 
            di disarticolazione del suono sia sempre governato e anche nei momenti 
            maggiormente free i tre non perdano il controllo delle operazioni. 
            L’inizio è relativamente calmo su entrambi i lati, ma 
            quello del primo è più inquietante e finisce per tradursi 
            nella sonorizzazione di un incidente ferroviario in stile Sightings, 
            dove ogni segmento deflagra con precisione ingegneristica, mente sul 
            secondo assistiamo al gonfiarsi lento di un fiume di rumore che finisce 
            per travolgere tutto, un’onda di noise ribollente e inarrestabile. 
            Tutto questo, signori, ad opera di una batteria e due chitarre: perché 
            al netto dell’assenza di una forma definita e delle molteplici 
            influenze (dal jazz al rumorismo più intransigente), i Grizzly 
            Imploded rimangono un gruppo che incarna lo spirito iconoclasta e 
            distruttivo proprio di certo rock, lontano da quella musichetta stucchevole 
            e conservatrice che va per la maggiore. Questa è roba disturbante 
            e minacciosa, come dovrebbe sempre essere. (Emiliano Zanotti)  
             
            The New Noise  Review [ link 
            ] 
            Granitici, ottundenti, presi da una sorta di ossessione per un pre-blues 
            che sa di intrinsecamente primitivo e cacofonico, volutamente “scompaginato”, 
            i napoletani Grizzly Imploded - con un membro di A Spirale ed Aspec(t) 
            - con questo “Threatening Fragments From Four Boulders” (titolo notevole, 
            tra l’altro) si impegnano a fondo per renderci la vita più difficile 
            di quanto non lo sia già. L’incipit è per il jazz nerboruto e le grasse 
            frammentazioni, appunto, di “The Light That Took Complete Control 
            Of My Eyes”, sei minuti che lasciano il segno. Il lato A prosegue 
            con la nevrotica “Scary Alien Worlds Are On The Prowl”, come gli Us 
            Maple che ospitano alle chitarre i Colossamite al gran completo, e 
            ci raccontano di un probabile tracollo nervoso. Il secondo lato accentua 
            ancora di più il lato squisitamente “sperimentale” del progetto (ebbene 
            sì, non so come, ma riescono ad essere ancora più impenetrabili), 
            introducendo pause e atmosfere notturne, l’intermezzo lunare di “A 
            Shuttlecraft Weighed Down By A Layer Of Honey” e la conclusiva “Scratched 
            By The Sounds…”, cavernosa e nera al punto giusto. A conti fatti, 
            una conferma di quanto già dimostrato con Anabasi. (Maurizio Inchingoli)  
			 
			Gimme Some Inches (Sentireascoltare)  Review [ #51 
            ] 
			Ultimo nastro di questa sessione estivo/autunnale è il migliore del lotto 
			autunnale made in Sincope (tra cui spiccano gli ottimi SUTT, il duo Jabber 
			Garland e Pale Sister). Scegliamo i partenopei Grizzly Imploded con Threatening 
			Fragments From Four Boulders per il loro essere marginalmente “rock”: come al 
			solito urticanti e sfrangiati col loro impro-noise a doppia chitarra+ batteria, 
			Maurizio Argenziano, Francesco Gregoretti e Sergio Albano viaggiano spericolati 
			in quattro tracce per i venti minuti del nastro, tra chitarre corrosive che si 
			scontrano ed incontrano, rincorrendosi e abbandonandosi, vuoti ipnotici ed 
			esplosioni (a)ritmiche a movimentare un suono che è tutto nervo e spasmo. 
			Ascolto impegnativo, ma ad averne di impegni del genere. (Stefano Pifferi) 
			 
			 
            * Abgrund 
            Ninehertz Review [ link 
            ] 
            This band are a bunch of Italian misfits that we've had the pleasure 
            of reviewing before. Their Dance of Particles tape was a joy to behold 
            and this is perhaps even better. Two guitarists and a drummer creating 
            disjointed, seemingly improvised clatterings as though in three different 
            rooms means this is by no means an easy listen but it's one that might 
            well stay with you. 
            The creaks and cracks that the three make with their respective instruments 
            suggests finding new ways to play them. Each track plots a haphazard 
            and lurching course towards no particular end but that's half the 
            fun. If you've ever come across the unusual CocoRosie or can't get 
            enough of the incidental parts of Kieran Hebden's Four Tet rumblings, 
            this is a more organic version. 
            The hint of electronic interference rises to the surface on A Caught 
            Body Doesn't Have Time To Sing as well as squeaks you presume are 
            from the drum stool. The kit is audible too but the guitars are not 
            being played, rather manipulated via their extremities and connections 
            to create repetitive, irksome sounds that combine with each other 
            to create a rich tapestry shoudl you choose to tune in to their wavelength. 
            Puzzling and infuriating as it is brilliant, Grizzly Imploded are 
            on the edges of musicality, but are worth listening to, if only for 
            a short time. (Mike Shields) 
             
             
            * Anabasi 
            Sodapop Review [ link 
            ] 
            Fra le etichette in circolazione la Sincope è certamente da 
            annoverare come una delle più coerentemente devote al rumore, 
            non solo in ambito italiano; tuttavia ci piace notare come questa 
            devozione non si traduca in un cieco immobilismo, ma porti alla ricerca 
            di nuovi talenti al di fuori dell’ambito strettamente industrial/noise. 
            Se i Vetro erano stati una piacevole incursione nei territori del 
            rock rumoroso, i partenopei Grizzly Imploded battono, nello stesso 
            ambito, i territori dell’improvvisazione, sfoggiando un suono 
            ruvido e senza compromessi. 
            Parente di Oddly Imploded e Strongly Imploded, progetti ad assetto 
            variabile con alcuni musicisti in comune, questa versione mette insieme 
            le chitarre di Sergio Albano e Maurizio Argenziano (A Spirale, Aspec(t)) 
            con la batteria di Francesco Gregoretti (One Starving Day), ma più 
            che al rock l’attitudine è prossima a quella di certa 
            elettronica di confine che in quel di Napoli è portata avanti 
            da gruppi come Aspec(t) e Sec_. Quello generato dai Grizzly Imploded 
            è un flusso sonoro continuo strutturato in blocchi spigolosi, 
            che si slabbrano e ricompongono di continuo, senza dare punti di riferimento. 
            Potrebbero ricordare gli Starfuckers di Infrantumi, ma privati della 
            voce e degli spazi di silenzio: qui va in scena la tensione senza 
            pause che nasce dal corpo a corpo fra una chitarra usata in maniera 
            poco ortodossa, a tratti irriconoscibile e una suonata più 
            canonicamente (si fa per dire…), mentre la batteria detta i 
            tempi e fa da arbitro. L’equilibrio non si raggiunge mai, così 
            come nessuna delle due arriva a prevalere sull’altra, ma non 
            è questo l’obiettivo: “Il processo è il 
            prodotto. Il prodotto è il processo” direbbe Genesis 
            P. Orridge; in questo disco il senso risiede nell’esperire l’immersione 
            in un’atmosfera claustrofobica (la sola The Attempt To Find 
            A Refuge For Body And Spirit Drives To Self-Destructive Madness riserva 
            qualche apertura) fra frequenze disturbate e spettri di melodie, senza 
            chiedere null'altro che vivere il momento. Anabasi (dal greco: spedizione 
            verso l'interno) non è un titolo scelto a caso. (Emiliano Zanotti) 
             
            Vital Weekly Review [ #896 
            ] 
            Grizzly Imploded is a trio from Italy that play improvised music with 
            a lot energy, violence and power. Francesco Gregoretti (drums), Maurizio 
            Argenziano and Sergio Albano (both on guitar), but somehow I always 
            seem to think there is a lot of electronics at play also. Maybe I 
            am just wrong. Here we have six pieces that last about thirty minutes 
            and lets us enjoy the band we know by now. Heavy pieces of improvised 
            music, which are sometimes not very loud, such as in the opening piece 
            'After Have Lost His Head He Escaped', which is moving like a slow 
            yet vicious snake through the grass. There is in this music always 
            an imminent explosion around the corner, such as the heavy 'Transfigured 
            Into Feelings Of Anxiety And Fear'. Totally free music with a ton 
            of energy running around, leaving the listener either flat out or 
            totally re-vitalized. There is no way this music leaves us indifferent. 
            I was thinking of my local heroes Donne & Desiree, who walk a 
            similar path of free musical expression and who invoke with me a similar 
            feeling. I am sure there are plenty more. Free improvisation meets 
            the edges of punk rock. Loud and clear over and out. (Frans de Waard) 
             
            The New Noise  Review [ link 
            ]  È un buon momento per i Grizzly Imploded: dopo Dance 
            Of Particles (2012) per l’ucraina Quasi Pop, ecco arrivare nel 
            giro di pochissimi mesi la doppietta You Are The Way You Face Your 
            Death – Anabasi, senza contare nel frattempo a livello individuale 
            la collaborazione tra Francesco Gregoretti (One Starving Day) e Olivier 
            Di Placido per l’etichetta Viande degli A Spirale, dei quali 
            fa parte Maurizio Argenziano, qui a una delle due chitarre (l’altra 
            è di Sergio Albano). 
            Deve essere questo fermento creativo ad aver permesso al gruppo partenopeo, 
            orfano in questo caso di Mimmo “SEC_” Napolitano (Weltraum) 
            e Mario Gabola (sempre degli A Spirale), di potersi attestare durante 
            tutte le sue incarnazioni (Grizzly, Oddly e Strongly) su uno stile 
            ai limiti dell’indecifrabile graffito cacofonico. Ci troviamo 
            infatti dalle parti delle più azzardate forme tra improvvisazione 
            e noise, le cui poche ma nobili affinità sono, pur sul vago, 
            riconducibili a Mnemonists (da Horde in su), Borbetomagus o meglio 
            ancora AMM. 
            Anabasi, uscito per l’etichetta diy italiana Sincope, ci restituisce 
            il collettivo degli implosi nella loro rugliante versione tutta chitarre/batteria, 
            per un concentrato di dissonanze sferraglianti e pelli percosse, il 
            cui unico momento di calma, forse apparente, è solo nel finale 
            con “The Vision Is Dancing”, mentre tutto il resto è 
            un delirio, ai limiti di un degenero assordante in “The Attempt 
            To Find A Refuge For Body And Drives To Self-destructive Madness”, 
            dedicato a tutti quelli fuggiti dopo aver perso la testa… e 
            se dentro questi deliri vi piace sguazzare, occhio a non perderla 
            davvero. (Tommaso Gorelli)  
             
            Just Outside Review [ link 
            ] 
            Consisting of Francesco Gregoretti on drums, Maurizio Argenziano and Sergio
            Albano on guitars. The six improvisations teeter between freeform noise (to me,
            often with an implied rock basis, with stuttering drum rhythms and vague references
            to rock guitar chords) and a kind of Frithian sound circa "Guitar Solos", a liquid
            rumble. When the former is in effect, my interest wavers; it's simply not the sort
            of venture that holds my interest these days. When the trio ratchets things back,
            as on the concluding "The vision is dancing", they find a more rewarding space,
            the guitars chiming against one another gently and almost randomly, the percussion
            causing small sprays of noise alongside, very spacious, very lovely. On the whole,
            a bit too hit and miss for me, though. (Brian Olewnick)  
             
             
            * You Are The Way 
            You Face Your Death 
            Decoder Magazine  Review [ link 
            ] 
            Neapolitan free jazz tornado-hatching is totally my bag and Grizzly 
            Imploded bring the joy in spades; I could listen to this kind of steez 
            all day! This trio is a branch off the Strongly Imploded tree – 
            two of the three members hail from that noisy outfit – and they 
            employ all the latest techniques to melt the faces of their audience. 
            Minimal/maximal guitar skree deftly unloaded like depth charges off 
            the side of a warship. Freely-pummelled drums that bounce off of the 
            floor, on the verge of exploding under the weight of deft arms. Controlled 
            chaos that threatens to seep out of the rusty container holding it 
            all together. Yeah, my heart’s totally into this beautifully-crafted 
            tape – which excels both in audible and visible content – 
            delivered directly inside my tattered cranium courtesy of Scissor 
            Tail Editions. For all you seekers of the farthest out sounds, 
            I highly recommend catching this comet as it passes by your ears, 
            before it vaporizes into a thousand blindness-inducing points of pure 
            energy! 
            You too can grip a copy of You are the Way You Face Your Death over 
            at the Scissor Tail Bandcamp 
            site. Enjoy! (Bryon Hayes) 
             
            The New Noise Review [ link 
            ]  È durato più o meno un anno il letargo discografico 
            dei Grizzly Imploded, la versione “monca” degli Strongly 
            Imploded, qui con un organico costituito da chitarre (Sergio Albano, 
            Maurizio Argenziano) e batteria (Francesco Gregoretti). You Are The 
            Way You Face Your Death esce per l’etichetta Americana Scissor 
            Tail (della quale abbiamo già sentito The Conduit di Josh Mason), 
            quasi un anno dopo la fine della registrazione, come nel caso di Anabasi, 
            sempre dato alle stampe durante questo 2013. Si tratta di un lavoro 
            robusto, che mette in mostra le diverse sfaccettature stilistiche 
            del Grizzly: le chitarre costruiscono variegati mix dei nuovi vocaboli 
            sonori del trio, accostabili per insufficenza di mezzi con cui catalogarli 
            all’improvvisazione “bruit”. Tecniche di preparazione 
            o effettaggio estremo, ma anche approcci più “fisici”, 
            nel caso a qualcuno “Into A Body And An Interrupted Dream” 
            ricordasse qualcosa dei cigni luridi di Filth, e delicati quanto una 
            zampata d’orso (“In The Darkness, A Small Boy”). 
            Sempre a suo agio la batteria un po’ Bennink un po’ Prévost 
            tagliata in trasversale dal tocco di bacchetta di Francesco, non lontano 
            neppure dagli One Starving Day, che trova pure il modo in “Discharge 
            Of Aura On A Black Night” di proiettarsi in un azzeccato assolo 
            centrale. 
            Tra questo ed Anabasi quale scegliere? Tutti e due. (Tommaso Gorelli) 
             
             
            * Dance Of Particles 
            Vital Weekly Review [ #848 
            ] 
              On Edward Sol's Quasi Pop label a cassette single by Grizzly Imploded. 
              A bit of on a odd format I'd say for this trio of two guitars and 
              drums of a free noise rock nature. It's more the kind of band to 
              release albums (CD, LP or cassette), than have two, say six minute 
              pieces on a cassette. Grizzly Imploded do exactly what we expect 
              them to do: play distorted loud noise rock music in a very free 
              mood. Nothing else. That's no doubt what people want them to do, 
              but as what I think more often with this kind of music: seeing this 
              in a live context is probably of more interest to me. Nice, but 
              not something one can't do without. (Frans de Waard) 
             
            Ninehertz Review [ link 
            ] 
            Italians are bonkers yeah? This is a yellow tape, recorded in a basement 
            by three mentals seemingly influenced by the bad end of the Bhagavad 
            Gita, interested? 
            You should be, in no way representative of their native Napoli, these 
            three loons have created a stream of consciousness so dense, you'll 
            need a scythe to get out of their confusing and dizzying racket jungle. 
            Just two tracks of Beefheart-purloined freakout fluff are ingrained 
            in the churning plastic and that's probably all you'll need. 
            It's a messy, vomit-flecked bit of experimentation complete with whistling 
            feedback and only brief moments of all three contributors matching 
            up. What you get as a result is a rambling knot of noise, but under 
            there are Indian scales, sub-AmRep feedback worship and riffs along 
            with a drummer doing his best to seemingly kill a swarm of wasps that 
            are crawling all over his kit. 
            I once had a Fisher Price tape recorder, it came with a yellow tape 
            that looked like this one, if said tape had been buried in a bog, 
            been strapped to a belt linisher for a bit and then put back in that 
            recorder, it would have probably sounded like this. 
            In case you are wondering, this is worth hearing, so many layers within 
            its brief time span it's unreal. There's only a limited amount available, 
            so investigate here 
            now. 
            Oh and as a footnote, they have released their first tape on a label 
            called Scrotum Records, what more reason do you need? (Mike Shields) 
             
             
            * He Became Something Like A Shadow 
            Of A Tree  
            Vital Weekly Review [ #816 
            ] 
              On the CDRa-priori could likewise be critiqued, but apart from my 
              liking such a "live" deconstruction of music qua performance 
              it fails to do anything other than be an improvisation, and so falls 
              out of any taxonomics of subtleties found elsewhere, shoegaze etc. 
              - could be considered as a biblical choice of time place species 
              sent forth to multiply. In other words as its essences is indistinguishable 
              from its existence it's the kind of music that Duns Scotus would 
              dig - dadio! Francesco Gregoretti: drums Maurizio Argenziano: guitar 
              Sergio Albano: guitar (jliat) 
               
            Blow Up Review [ BU#168 
            ] 
             
             
            * A Self-throwing Man Into His 
            Own Never Bursting Bubble 
             Blow Up Review [ BU#168 
            ]  
               
             
             
            Solar Ipse: 
            Interview [ #06 
            ] 
              
            
             
             
            The New Noise: 
            Interview [ link 
            ]    
             
                          
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